LE RISORSE UMANE

LE RISORSE UMANE

Le risorse umane è un reportage di Angelo Ferracuti (1960). E una raccolta di tredici racconti sul mondo del lavoro in Italia, compresa una storia di carattere autobiografico. Si parla dei morti di amianto nei cantieri navali di Monfalcone, di un manager malato di tumore, di un attore bolognese che vive in condizioni di precarietà, di un musicista vittima di mobbing, del dopolavoro di operai calzaturieri pakistani e di quelli cinesi a Prato.
Risultati immagini per angelo ferracutiL'autore viaggiando per l'Italia ha raccolto testimonianze di un mondo del lavoro in continuo cambiamento. Ciò che viene descritto è anche una rappresentazione dell'umanità dal punto di vista della retorica aziendale, dove le persone sono considerate "risorse umane". Sfruttamento fisico e psicologico, in quanto si viene indotti ad abbracciare gli obiettivi lavorativi in modo totale, accettando la logica della flessibilità trasformando l'esistenza individuale in una sorta di "impresa commerciale".
Nel primo brano Ferracuti racconta un momento della sua vita lavorativa quando dopo 15 anni di servizio come portalettere, si ritrova impiegato in un centro studi aziendale. Si trova in giacca e cravatta a Roma, al sedicesimo piano di un palazzo dell' Eur, dove gli avevano assegnato una scrivania e un telefono. Dopo un periodo di attività, con l'accordo di essere "ubiquo  ai casi" , cioè di ricoprire  contemporaneamente lo stesso incarico in due uffici diversi: a Roma solo un paio di giorni la settimana, i rimanenti in filiale a Fermo. La politica aziendale ha avuto un brusco cambiamento e il suo capo diretto SV gli chiede  se è interessato a seguirlo nella nuova azienda, una banca dove gli dice che sarebbe andato a lavorare di lì a poco. Ferracuti, dopo aver riflettuto alcuni giorni, accetta e SV gli promette che si sarebbe occupato personalmente di tutte le questioni burocratiche e del passaggio diretto.
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Il secondo testo parla di come sono fatte le aziende.

"L'azienda è un mondo a sé stante, molto poco collegato con la realtà esterna. Tanto è vero che, soprattutto nelle aziende private, dove si lavora come matti, in genere si parla poco di quello che succede fuori. Solo commenti brevissimi, Ma è normale, non serve, non è necessario. E poi all' interno dell'azienda, che ha un universo proprio, si creano dei sottouniversi: i gruppi delle persone che lavorano insieme per raggiungere un obiettivo comune. Queste persone in genere non hanno grandi contatti con i colleghi. Anzi, gli altri gruppi vengono guardati con un certo sospetto. Infatti le imprese fanno di tutto per stimolare la cooperazione, appunto perché non nasce mai spontaneamente. Un'altra cosa che  colpisce, quando la si guarda dal di fuori,è che in azienda c'è sempre una specie di re, un imperatore, che può essere odiato, amato, rispettato o anche deriso: le aziende non sono affatto organismi democratici. La struttura del potere è chiarissima e trasparente: c'è un vertice, e poi le seconde, terze e quarte linee. La struttura è piramidale. Gli ordini sono come quelli di un esercito, non ci sono differenze tra un'azienda e le forze armate. Tranne quella che in azienda, almeno all'inizio, si crea di ottenere un certo consenso. Soprattutto in quegli ambiti dove conta il valore aggiunto di una persona, e cioè dove i processi lavorativi non sono standardizzati. Più una persona si sente parte dell'azienda, e dunque aderisce alla mission, agli obiettivi, maggiore è la convenienza per l'azienda in termini di risultati tangibili."
Così descrive Claudio Verga "l'azienda" a Ferracuti.

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